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21 Dic 2025 2:35
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Gli Eventi di BlogTurismo.it |
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La città dell’emancipazione, dell’inclusione e del cambiamento, Volterra, reale e sperimentale, che tra arte, scienza e società civile, contribuì direttamente al superamento della condizione manicomiale ed all’affermazione di un’etica fondata sul valore irrinunciabile dell’esistenza umana, è stata per un giorno, venerdì 26 febbraio 2010, nella sede di San Girolamo, in quegli stessi luoghi prossimi a quello che era uno dei più grandi ospedali psichiatrici nazionali, la sede naturale di un convegno con quegli stessi protagonisti della rivoluzione che culminò con la legge 180 nel 1978, e che diede il via ad un rapporto più umano nella cura del disagio mentale. Colleghi ed amici del promotore Franco Basaglia, si sono ritrovati insieme in una tavola rotonda, tra i ricordi vividi ed ancora emozionanti di quella trasformazione ancora aperta sulla condizione contemporanea e sui rischi intrinseci della società civile attuale. Un incontro organizzato dalla neo associazione culturale “Idea Democratica”, che già conta settanta soci, presieduta da Daniele Proietti, e la cui finalità istituzionale prevede proprio la costruzione di un’ “idea consapevole”, attraverso approfondimenti e dibattiti su tematiche di interesse comune.
Con la presenza del sindaco Marco Buselli e della capogruppo di “Città Aperta”, Rosa dello Sbarba, le relazioni ed i racconti di quei professionisti partecipi che non ebbero paura di guardare e vivere da vicino una realtà dolorosa e di porsi sulla carreggiata del cambiamento, esorditi con l’intervento dell’avvocato Renzo Verdianelli, ultimo presidente del Consorzio Interprovinciale dell’OPV, quel “manicomio che doveva difendere la società” e che ricorda, tra l’altro, oltre agli aspetti amministrativi e di funzionalità dell’apparato manicomiale, la problematica stessa della salvaguardia dei diritti del malato, quando concretamente il provvedimento di ricovero non era un atto dell’autorità sanitaria, ma della polizia, perché era il commissario di polizia che “sulla base di un certificato medico, prendeva e mandava in manicomio”. “Uno stato inaccettabile”, fino al primo segno di superamento, già con la legge Mariotti (n.431 del 1968), che ha consentito il ricovero volontario, e poi l’avvento di quella che fu una vera e propria “rivoluzione copernicana” la legge 180.
Bruno Benigni, assessore alla Regione Toscana in quegli anni, e attuale presidente del Centro Franco Basaglia di Arezzo, rievoca quella “bolgia infernale” quali erano i manicomi, “le larve umane legate ai letti, persone in carne ed ossa completamente distrutte”, secondo modalità, considerate comunque scientifiche, di cura. “Come gli amministratori potevano affrontare lo scandalo”, afferma Benigni “laddove era diffusa anche tra i medici la convinzione che si trattasse di persone incurabili e che l’unica soluzione fosse proprio quella di custodirli?”. Ma per uno psichiatra ed un amministratore eticamente motivato “si dovevano rimettere in piedi le persone”, recuperare la speranza ed “il barlume di lucidità”, “quarant’anni fa”, ma “anche oggi” come nel caso del carcere. “La nuova psichiatria ha avuto il merito di scoprire che questo era possibile”, era possibile cioè “ricostruire un progetto di vita insieme agli operatori”. “E su questo eravamo d’accordo tutti”, sottolinea con forza Bruno Benigni, “bisognava ritrovare l’umano che c’è in ognuno”. E questo fu proprio il punto di partenza fondamentale che culminò con la legge Basaglia, ma a cui tutti gli operatori illuminati avevano contribuito. Una storia che ebbe inizio a partire dalle condizioni più regredite, da un reparto terminale, “parlare con le persone, abituarli a vestirsi”, a Volterra, ma anche a Gorizia, Trieste, ecc., per “risalire la china e dare a tutti il diritto all’esistenza ed alla convivenza”. Ed il racconto si fa più incalzante e denso: “decifrare l’indecifrabile, anche le urla erano un segnale”. Il pericolo, mette in guardia è che “il manicomio si possa riprodurre anche oggi”.
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