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22 Dic 2025 10:26
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Arte, esistenzialismo, nella sede storica di Massa Marittima, in un evento d’arte che sfida la dialettica di laicità e spiritualità, introdotto dal critico Lodovico Gierut, con convegno di approfondimento sul tema organizzato dal Vescovo Mons. G. Santucci.
Sacro e profano, vita e morte, l’antichità che ritorna e presta il volto all’inquietudine dei tempi contemporanei, nell’opera pittorica e scultorea di Renato Frosali, ritratto senza veli della condizione umana esistenziale, nella mostra in programma a Massa Marittima, con la supervisione critica di Lodovico Gierut, e che trova spazio ideale e di significato nella sede del Museo di Arte Sacra, per un evento d’arte organizzato a cura di Mauro Pantani per Athena Spazio Arte, in apertura ufficiale alle 18 di sabato 8 agosto 2009.
La morte che “entra” nella vita, in una nuova semantica che obbliga alla sinergia gli stessi parametri strutturali del pensiero di filosofia, psicologia, arte e spiritualità, al ritmo delle cromie forti dei verdi, dei rosa e dei rossi su fondi neri, o nelle contorsioni delle sculture in bronzo, per una riflessione e un viaggio mentale ed emozionale, liberatorio e senza cadute di tono, nei livelli dello statuto ontologico del contemporaneo, in una forma d’arte che si innesca nella fenditura segreta e sfumata, tra temporale ed eterno, dal finito alle porte dell’infinito.
Dalla pratica etrusca dei sarcofaghi, quando si “posava da vivi” per un “ritratto che serviva dopo morti”, evidenziando una preparazione profonda all’aldilà, in contrapposizione con l’Uomo contemporaneo che affronta invece questo tema in modo superficiale e quindi “scaramantico”. Così nella descrizione dell’artista che introduce un aspetto fondamentale della mostra, oggetto di un convegno di approfondimento organizzato dal Vescovo di Massa Marittima, Mons.G. Santucci, in programma il 20 agosto, nella sala San Bernardino di via San Francesco, ore 21.30, con la partecipazione di filosofi e critici d’arte. Mons.G. Santucci, lo studioso Fabio Canessa, il biblista Don Paolo Pasolini, e un repertorio sulle note epocali di J.S. Bach, nella performance del maestro Gabriele Bellu, trasformazione reale del momento espositivo in evento culturale.
Personaggi che narrano “un percorso che affonda nella storia” per il critico Lodovico Gierut, che descrive il palcoscenico frosaliano, dove davanti ad uno specchio dall’elegante cornice nera di profondo ebano, “la nostra immagine è apparentemente deformata e ha svelato sì da dove veniamo e chi siamo stati, ma anche cosa siamo diventati…”.
I contenuti di una ricerca, nelle parole stesse di Renato Frosali, “che si delinea come indagine nei sentieri dell’ignoto e materializzazione pittorica dell’anima” . Attraverso un linguaggio contemporaneo, con colori fluorescenti, sintetici, “mutuati dalla rivoluzione Pop Art e fatti propri attraverso la suggestione percettiva del video e della rete informatica”, verso una materialità pittorica “che rifugge dal virtuosismo e dalla serialità”, nella rappresentazione unica e irripetibile dell’invisibile. Rifugge anche, sul versante della produzione scultorea, dalle dimensioni monumentali “che assegnano alla scultura un ruolo celebrativo, molto spesso privo di carica emozionale”, spiega l’artista “per privilegiare una dimensione che favorisce un contatto tattile con l’opera”. La possibilità di spostare, interagire, con la scultura, “proponendo una concezione radicale e diversa della funzione stessa del monumento”. Dall’intuizione insieme drammatica e scenografica di una decadenza della materia, metafora, causa ed effetto insieme, delle oscillazioni dell’Io, che scardinava e rappresentava la fragilità delle certezze della società borghese di fin de siècle, intuita e svelata dalla psicoanalisi, sublimata nelle poetiche dell’espressionismo tra ‘800 e ‘900, fino alle estreme conseguenze delle deformazioni d’autore di Francis Bacon, l’originalità e la necessità del contributo di Renato Frosali, si pone ne
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