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25 Dic 2025 5:41
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Si è svolto nella mattinata di sabato 18 aprile, nella sede dello storico Torre Toscano, in Piazza San Michele a Volterra, il dibattito-incontro “L’alabastro e i giovani”, una riflessione sullo stato attuale di uno dei settori portanti dell’economia ed identità della capitale etrusca, che ha preso le mosse dalla mostra antologica “Luoghi d’Incontro” in programma dal 29 aprile al 31 maggio 2009, nella sede dei Sotterranei della Pinacoteca Civica, dedicata all’originale alabastraio Aulo Grandoli detto “Il Pupo”.
Una mostra, nelle parole dello stesso “Pupo” che ha la finalità di motivare i giovani a questo affascinante mestiere che però “manca di un ricambio” poiché “oggi si contano solo pochi artigiani cinquantenni”. Una problematica filo conduttore dell’incontro sui temi di arte, artigianato, cultura ed economia, nella presa di consapevolezza della necessità di un’imprenditoria autonoma nel settore che accorci le distanze fra scuola e formazione da un lato e mondo del lavoro dall’altro, alla luce degli scenari attuali di crisi e cambiamento.
Esordio dei lavori, coordinati da Ilario Luperini, autore dell’intervista e del testo in catalogo, con la proiezione del filmato di Aldo Filippi (regia e montaggio), dai timbri naturalistici ed esistenziali, su musiche contemporanee, che ricostruisce i connotati dell’opera ed il ritratto autentico, biografico-identitario, dell’artista-artigiano che sceglie Volterra come sede di crescita della propria attività, conducendo una vita all’insegna della libertà espressiva, “soddisfacente”, come sottolinea Sergio Borghesi promotore dell’evento, “sotto il profilo professionale e personale”.
Un esempio per i giovani, nei tempi in cui viene meno la certezza del posto di lavoro sicuro, in una fase storica in cui è ancor più rilevante la formazione di personalità autonome, aperte all’imprenditoria e al cambiamento. “I giovani devono trovare la loro strada”, sostiene infatti l’assessore provinciale Rosa Dello Sbarba, ma dopo che abbiamo loro dato l’opportunità, la “possibilità di continuare a camminare”, attraverso iniziative concrete. In una situazione che non è assolutamente rosea, l’input a “lavorare lo stesso, indipendentemente da come sarà ‘fare scuola’ nel prossimo anno”. Continuare dunque a lavorare congiuntamente alle associazioni di categoria, nel delinearsi di una “scuola bottega” che sappia “coniugare i due aspetti della conoscenza: la maestria e il talento insieme alla competenza di gestione aziendale”.
L’attivazione già concreta di simposi e stage, che raccordano la produzione volterrana alla scena internazionale, sulla scia della ricostruzione di un’identità che coinvolge la città nel suo insieme e nel potenziale alto di storia, arte e cultura, con ricadute economiche ed occupazionali, si delinea con forza immedesimativa nel racconto diretto del relatore Roberto Chiti, reduce da una recente esperienza di insegnamento nel Delaware, conclusasi con una mostra a Dover, dove ha seguito tre scuole, due superiori ed una media, lavorando con circa 170 ragazzi, e riuscendo a far creare ad ognuno una personale “sculturina”.
La descrizione toccante dell’emozione dei giovani americani nel plasmare l’alabastro, l’unicità della pietra didattica volterrana, come ribadisce lo stesso Pupo, e quel rapporto diretto con la creazione che sembra rinnovarsi più all’estero che in sede. “Confermo quanto afferma il mio amico Pupo” dice Roberto Chiti, “i ragazzi si appassionano all’alabastro, poiché è facile lavorarlo”. “Quel che conta, a livello educativo, è l’attivazione di un reale “processo di trasformazione”, poiché “lavorare l’alabastro significa anche ragionare, pensare”, nell’idea portante di una scuola-bottega all’insegna della sperimentazione diretta e della concretezza, questo a maggior ragione nella società dove tutto è evanescente, in un ambiente virtuale fatto di computer e comunicazioni.
Una “testimonianza” quella di Chiti, “partecipe e commossa” nelle parole di Sergio Borghesi, “u
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