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26 Dic 2025 23:33
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Mostra antologica del grande alabastraio volterrano, nell’indagine della natura che sfuma i confini tra arte e artigianato, fino alle riflessioni sugli scenari occupazionali dei tempi contemporanei
Una vita dedicata agli alabastri ed all’osservazione della Natura, fra l’artigianato di pregevole livello e la cifra stilistica del tutto indipendente, tipica dell’espressività artistica, quella di Aulo Grandoli, meglio conosciuto come “Il Pupo”, uno dei rappresentanti più originali della tradizione artigiana volterrana e in mostra dal 29 aprile al 31 maggio 2009 a Volterra, nella sede degli Scantinati della Pinacoteca Civica.
Nell’antologica-evento promossa da “Generazioni in Arte” e “Fotoimmagine”, per un progetto dell’AVA, la capitale etrusca celebra uno dei protagonisti riscoperti dell’innovazione artigianale e artistica, su un arco temporale di oltre sessant’anni, dove le vicende della città, si incrociano a quelle dell’uomo, fedele alla sua professione anche nei periodi di crisi del settore alabastrino. Simbolo di indipendenza di pensiero e di forza caratteriale, spunto per le nuove generazioni, l’iniziativa è di particolare interesse anche per il confine labile che si va ad indagare tra arte ed artigianato, come nell’intenzione dell’associazione promotrice, il gruppo di artisti legati all’Istituto d’Arte di Volterra e che cura dal 2005 la programmazione e le attività espositive della città, dedita più di consueto ad iniziative legate all’arte contemporanea.
Nell’allestimento nelle stanze degli Scantinati della Pinacoteca, la personale comprende, insieme ad una selezione delle sculture di piccolo formato, raccolte nelle numerose collezioni private presenti sul territorio, anche un video documentativo sulle modalità di procedere del Grandoli, ed una serie di suggestive gigantografie con montaggi di approfondimento e studio sul rapporto stretto tra l’artista-artigiano e la fauna indagata nell’ambiente.
Nei gruppi scultorei tendenzialmente di piccola dimensione, protagonista è infatti il movimento immortalato degli animali, osservati e vissuti direttamente durante le ricerche immersive e la battute di caccia dell’artigiano, capace di rubare “gli scatti e i movimenti della fauna” per fissarli in eterno nella pietra. “La natura è dentro di lui” che “filtra ciò che vive e che sente”, sottolinea infatti Sergio Borghesi responsabile della direzione artistica dell’evento.
E’ proprio nell’alabastro, che Aulo Grandoli trova le volumetrie e superfici ideali ad esprimere le impressioni e visioni personali: secondo il principio e procedimento già caro a Michelangelo, per cui “la forma è già nella pietra”, e l’artista deve solo “trarla fuori” attraverso il procedimento del “levare”, “Il Pupo” si lascia sedurre dalla morfologia abbozzata degli alabastri, già di plasticità ovoidale, nonché dalle cromie intrinseche derivate dalle caratteristiche dei siti di estrazione (le tracce lasciate dalla terra, dalle acque, ecc.), per rappresentare spettacolari architetture di uccelli in volo, cavalli, cani, lepri o cinghiali, lavorando le superfici con la modalità tipica dell’espressionismo, anziché seguendo le levigatezze del neoclassico e sfruttando appieno la duttilità della pietra volterrana. Una ricerca libera che si fonda sulla stessa messa a punto di un armamentario strumentale del tutto originale: un piccolo martello pneumatico con punte costruite dal Grandoli, ogni volta in base alle diverse necessità espressive.
“Prima si imitava il marmo” ricorda “Il Pupo”, classe 1931, descrivendo le tappe della sua vita ed il periodo del boom che interessò gli alabastri fra agli anni 50’ e ’60, ma “io non lo accettavo”, precisa, poiché “già dalla pietra improvvisavo”. “C’è un colore nella pietra che voglio che esca fuori”, “con l’alabastro ribadisce, “è possibile improvvisare”, e non comporta “nessun problema di sorta”, neanche per la salute, pur conservando “tutte le caratteristiche tipiche delle pietre”.
Aulo Grandoli, ribelle c
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